Una riflessione a firma di Luca Marcon, presidente del CSV di Padova e Rovigo sul ruolo del volontariato per l’accoglienza e gli aiuti per la popolazione ucraina.

 

Il dono è un elemento imprescindibile della solidarietà sociale. Attraverso un gesto gratuito e disinteressato ogni persona può contribuire concretamente a dare vita e a rafforzare quei legami invisibili che ci fanno essere “comunità”.

Queste azioni sono messe in pratica spontaneamente, ogni giorno, da milioni di noi. Che si tratti di aiutare il vicino di casa o di dare un contributo per alleviare le difficoltà di popoli lontani, in ogni istante c’è chi fa un passo altruista senza che gli venga richiesto, per un principio di umanità e di giustizia sociale.

Il volontariato organizzato ha il grande merito di riuscire a raccogliere e coordinare questa generosità innata, indirizzandola verso bisogni reali e talvolta ancora nascosti, accompagnando la comunità e le istituzioni a rendersi conto di fragilità sconosciute e contribuendo così, spesso, a grandi evoluzioni culturali e legislative.

Nei due anni trascorsi la pandemia da Covid-19 ha messo in luce una volta di più sia l’enorme solidarietà che si attiva nelle emergenze, sia l’importanza di avere nei nostri territori un volontariato organizzato, strutturato e competente. Se la prima si manifesta ogni volta in maniera sorprendente, arrivando in poco tempo a sopperire a bisogni e mancanze che a prima vista ci appaiono insormontabili, il secondo non si improvvisa nel giro di qualche giorno: è il frutto di anni e anni di impegno, di scelte, di percorsi, di apprendimento, di cura meticolosa delle relazioni e della “macchina organizzativa” che rende possibile la vita associativa.

Oggi, di fronte alla terribile aggressione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, è scattata immediatamente la volontà di fare qualcosa, di rendersi utili, di dare un segno tangibile di vicinanza a chi soffre le conseguenze drammatiche e dirette del conflitto armato. Come sempre il primo passo da fare è informarsi, non solo sulle vicende in atto, ma anche sui reali bisogni e sui modi efficaci di esprimere la solidarietà.

Il contatto costante con le Prefetture ci conferma che il canale migliore per far arrivare degli aiuti materiali (vestiti, cibo, farmaci, ecc.) è quello del Consolato Ucraino, e che le grandi raccolte spontanee che si stanno attivando rischiano di essere inadeguate se non connesse con le richieste della macchina organizzativa della comunità ucraina.

Ed è sempre dalle Prefetture che ci arriva un chiaro segnale di quella che potrebbe diventare la vera emergenza nei prossimi giorni e nelle prossime settimane: l’arrivo di decine, centinaia, o forse migliaia di rifugiati in fuga dalla guerra. La totalità degli arrivi è stata finora assorbita dalle reti familiari e amicali dei cittadini ucraini già residenti sul nostro territorio, ma il prevedibile e imminente aumento ci chiede di attivarci per farci trovare pronti.

Pronti ad accogliere persone, soprattutto donne e bambini, traumatizzate dalla violenza, dalla fuga, dal distacco dalla propria terra e dai propri legami significativi.

E pronti a non confondere l’accoglienza con un tetto e del cibo. Il volontariato, l’associazionismo e la solidarietà organizzata del nostro territorio hanno consapevolezza che non è sufficiente rispondere ai bisogni materiali: chi sta vivendo un trauma come la fuga dalla guerra ha bisogno di un supporto molto più caldo, di un sostegno articolato, di un abbraccio di comunità.

È ciò che il volontariato fa da anni, meritoriamente, nei confronti dei rifugiati africani, siriani, afghani, iracheni… Ed è ciò che chiunque voglia essere d’aiuto è chiamato a mettere in gioco, ora che tocca ai nostri vicini ucraini. Va bene il pacco di pasta, va bene la coperta in più, ma ciò che farà la differenza sarà la capacità di entrare in relazione autentica con queste persone, ascoltare le loro storie, giocare con i loro bambini, includere i più giovani nei percorsi scolastici, aiutare gli adulti a trovare lavoro e ad orientarsi nei servizi territoriali.

Se vogliamo fare qualcosa di concreto, facciamo trovare pronta la nostra accoglienza di comunità.

Chi non sa da dove partire e come fare, citofoni al volontariato.

Luca Marcon – presidente CSV Padova e Rovigo