Ascolto distratto le notizie di qualche telegiornale serale, leggo su internet drammatiche vicende di cronaca nera, passo in rassegna con preoccupazione i commenti intrisi di odio che gli utenti dei social media postano ogni giorno. La prima impressione che balena nella mia mente è che la violenza sia ormai accettata a livello collettivo come inevitabile mezzo di articolazione dei rapporti umani, pratica sociale deprecata da molte persone ma rispetto alla quale, in fin dei conti, prevale l’assuefazione.

Ma se chiudo gli occhi e mi concentro, mi accorgo che nel corso del tempo sentieri alternativi a quello miope della violenza sono stati tracciati. Ciò che li accomuna, attraverso un filo sottile ma tenace, è la nonviolenza, concetto di per sé molto antico ma che deve la sua definizione attuale a quel metodo di lotta politica teorizzato e adottato da Ghandi negli anni ‘30. Intesa come “obiezione di coscienza personale e disobbedienza civile collettiva alla guerra attraverso l’adozione di adeguati mezzi e strumenti, empatici e creativi, capaci di intervenire nei conflitti per risolverli senza la violenza e la soppressione degli avversari”, la nonviolenza si è affermata nel secondo Novecento come imprescindibile strumento di lotta ai poteri costituiti da parte di tutti coloro che non accettavano la violenza in quanto unica soluzione dei conflitti umani. Nel nostro paese il servizio civile nasce e si diffonde sorretto proprio da questo principio fondamentale.

Tuttavia, in una società in cui è sempre più difficile definire dei “noi” nei quali riconoscersi e identificarsi, per parlare di nonviolenza è forse necessario partire proprio dall’individuo. Se troppo difficile appare nella contemporaneità mettere in discussione i privilegi e gli agi a cui tutti o quasi siamo abituati, la scelta della nonviolenza appare come strada anche solo per immaginare un futuro diverso. Praticare la nonviolenza non significa quindi esclusivamente partecipare a scioperi, boicottaggi e proteste di piazza, ma può assumere la forma di scelte più “semplici” ma non per questo meno dirompenti. Scegliere di adottare una comunicazione empatica e non aggressiva con i nostri amici e famigliari, scegliere di non postare commenti di odio dando libero sfogo a frustrazioni personali, scegliere di dedicare una piccola parte del nostro tempo al bene delle persone care significa dare concretezza alla pratica nonviolenta. Ripartire nel 2024 da queste piccole scelte significa già molto.

Alberto Santomauro
Operatore Volontario di Servizio Civile Digitale